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Come è noto, il vino è una bevanda alcolica
ottenuta dalla fermentazione del succo d'uva (mosto).
Anche se siamo abituati a considerarlo come un elemento tipico della
tradizione mediterranea (in particolare di quella italiana) le sue origini
sono probabilmente orientali. La vite (Vitis vinifera)
infatti è arrivata in Europa dall'Asia relativamente tardi, e
si presume che si sia diffusa a partire dall'India.
Le prime testimonianze della fermentazione di frutta allo scopo di ottenere
una bevanda alcolica risalgono a un periodo compreso tra il 7000 e il
6000 avanti Cristo; la scoperta è stata effettuata in un piccolo
villaggio della Cina, in cui sono stati rinvenuti dei
recipienti in terracotta riempiti con un liquido fermentato che conteneva
miglio, riso, cera d'api e grappoli di uva selvatica.
In realtà, si presume che bevande simili al vino fossero consumate
in periodi molto anteriori: la vite selvatica cresceva infatti già
300.000 anni fa, ed è probabile che il prodotto della fermentazione
sia stato scoperto in maniera casuale.
La Persia (che corrisponde grossomodo all'attuale Iran)
fu probabilmente la zona d'origine del vino prodotto esclusivamente
con uva, almeno per quanto ci è dato di sapere. I ritrovamenti
archeologici finora effettuati testimoniano che la vinificazione era
conosciuta in quest'area fin dal 5400 a.C., sebbene la bevanda alcolica
più diffusa fosse la birra, probabilmente
anche per motivi economici: la coltivazione a scopo alimentare dei cereali
ne assicurava la copiosa disponibilità. Si ritiene che Shiraz,
una località persiana, abbia prestato il nome all'omonimo vitigno,
attualmente uno dei più diffusi al mondo.
L'antico Egitto apprezzava il vino a tal punto da farne
un elemento indispensabile di molte occasioni cerimoniali: era addirittura
previsto che il corredo funebre dei faraoni comprendesse ben cinque
varietà diverse di vino. Questa circostanza è
resa particolarmente curiosa dal fatto che la viticoltura si diffuse
lungo il Delta del Nilo solo in epoca molto tarda, e quindi l'uva doveva
essere importata dall'estero.
La passione dei Greci per il vino è ben nota,
grazie alle testimonianze che ne dimostrano l'uso
piuttosto abbondante soprattutto durante i banchetti e le feste. Nella
mitologia classica, il vino è un dono offerto agli uomini da
una divinità, Dionisio (nel pantheon romano
è denominato Bacco); uno dei nomi dato da questi
popoli all'Italia è Enotria, ossia “terra
del vino”, ad indicare come le condizioni climatiche favorevoli
alla coltivazione della vite fossero uno dei motivi di maggior apprezzamento
nei confronti delle nostre terre.
Solo in epoca romana però il vino divenne una
vera e propria bevanda quotidiana anche per chi non apparteneva alle
classi sociali più elevate. Questo era reso possibile dall'estensione
delle coltivazioni di vite e da metodi agricoli relativamente avanzati
per l'epoca, come ci tramandano brani di diversi autori classici e addirittura
un trattato specifico contenuto in un'opera più ampia dedicata
all'agricoltura (De re rustica) redatta da un esperto dell'epoca, Lucio
Giunio Moderato Columella, nel primo secolo dopo Cristo. Il
vino dell'epoca classica era molto diverso da quello contemporaneo:
date le tecniche di conservazione relativamente primitive, era necessario
un mosto molto concentrato, ad alto contenuto di zuccheri,
per evitare che si deteriorasse. Per fare questo era necessaria una
bollitura (simile a quella effettuata per la marmellata)
che produceva una sostanza piuttosto densa, molto dolce e ad elevato
tenore alcolico; questa doveva essere diluita con acqua e aromatizzata
con miele
e spezie per renderla bevibile.
La caduta dell'Impero Romano vide un relativo declino
di questa bevanda, per diverse ragioni tra cui la scarsità
di risorse che costringeva spesso a privilegiare la coltivazione di
piante più indispensabili per la sopravvivenza, come i cereali.
Fortunatamente, alcune tradizioni e tecniche produttive scamparono all'oblio
e anzi migliorarono notevolmente grazie al lavoro effettuato dai monaci
di diverse abbazie. Questi ultimi, riparati all'interno di vere e proprie
fortezze (tali erano i monasteri nel medioevo) coltivavano la vite,
oltre ad altri ortaggi, per poter avere il vino necessario all'Eucarestia.
I metodi in uso presso i benedettini e i cistercensi
rimasero praticamente identici fino al XVIII secolo, a testimonianza
della loro validità.
In effetti, le prime innovazioni veramente rivoluzionarie si ebbero
proprio nel '700, quando entrarono in uso le bottiglie di vetro
(prima si usavano recipienti in terracotta o argilla), i tappi
di sughero e l'abitudine di fermentare il mosto più
a lungo. Il risultato fu la stabilizzazione della qualità e del
gusto del vino, che era ormai del tutto simile a quello prodotto attualmente.
E' di questo periodo l'inizio della commercializzazione del famoso Champagne.
L'Ottocento fu un periodo molto florido per il vino: i progressi scientifici
e tecnologici resero possibili la razionalizzazione e il miglioramento
dei processi produttivi, dando origine a vini di grande prestigio come
il Barolo e il Chianti Classico. Purtroppo
la fine del secolo portò la distruzione o il grave danneggiamento
della quasi totalità dei vigneti europei a causa dell'attacco
di diversi parassiti, in particolare la filossera,
che attacca le radici della pianta. Questo costrinse i coltivatori a
innestare la vite europea su ibridi di vite americana,
resistenti alla malattia; diversamente dall'ibridazione, l'innesto
conserva le proprietà organolettiche della pianta d'origine,
unendole alla resistenza innata della varietà più robusta.
Nel corso del Novecento la viticoltura si è diffusa in
molte regioni del mondo a clima temperato (Oceania, Cile, Nord
America) dove la grande disponibilità di terreno coltivabile
permette di ottenere prodotti spesso di grande qualità, nel caso
in cui si punti a una bassa resa per ettaro. Parallelamente, le tecniche
di vinificazione si sono evolute grazie agli sviluppi tecnologici (soprattutto
nel campo della chimica) ed oggi produrre un vino di qualità
è un processo lungo e piuttosto complesso.
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