Conoscere la Verdura
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Taccola - Descrizione: Detta
anche pisello mangiatutto, poichè una specie di pisello dalla
quale non si ottengono scarti.
Utilizzo in cucina: La preparazione è simile
a quella dei fagiolini. È necessaria una prelessatura in acqua
bollente (non più di 7 minuti). Si sgocciolano bene e si ripassano
in padella con olio d'oliva, aglio e pomodoro, oppure con burro e formaggio
grattugiato. Diventano in questo modo un ottimo contorno per arrosti,
carni grigliate, bistecche, pesci arrostiti.
Tartufo - Descrizione: Il nome "tartufo"
indica alcuni funghi sotterranei (ipogei) della classe degli Ascomiceti,
conosciuti ed apprezzati sin dall'antichità per le loro caratteristiche
gastronomiche. Il mistero della loro natura è stato per secoli
oggetto di dispute tra filosofi e scienziati, che hanno avanzato le
ipotesi più disparate per spiegarne l'origine e giustificarne
la presenza nel terreno. Teofrasto, pensatore Greco del 300 a.C., disse
che si trattava di vegetali senza radici che nascevano durante le piogge
autunnali accompagnate da tuoni. Plutarco, secoli dopo, sostenne che
fossero prodotti dai fulmini combinati con l'acqua e la terra. Cicerone
li ritenne figli della terra ed il grande naturalista Plinio il Vecchio
li considerò "collosità" del terreno e miracoli
della natura. Nel corso del tempo altri ipotizzarono addirittura che
fossero organi di riproduzioni di insetti o anche prodotti minerali.
Solo nel secolo scorso si è affermata completamente la tesi che
i tartufi sono degli organismi autonomi, o meglio dei funghi. Esistono
diverse varietà di tartufo, caratterizzate dalla zona di produzione,
ma sostanzialmente si divide in tartufo bianco e tartufo nero. Tra quest’ultimo
tipo spicca il tartufo di Fabro. Ha peridio o scorza non verrucosa ma
liscia, di colore giallo chiaro o verdicchio, e gleba o polpa dal marrone
al nocciola più o meno tenue, talvolta sfumata di rosso vivo,
con venature chiare fini e numerose che scompaiono con la cottura. Emana
un forte profumo gradevole. Matura da Ottobre a fine Dicembre, periodo
durante il quale ne è consentita la raccolta. Il tartufo bianco
si riconosce invece dal colore ocra pallido con sfumature verdastre,
dall’odore intenso e penetrante, con leggero profumo di aglio.
Ciò lo distingue dal tartufo detto bianchetto, d’aspetto
simile, ma molto meno profumato e pregiato. Il tartufo bianco cresce
sotto le querce, i tigli, i pioppi e i salici. È diffuso soprattutto
nel Nord Italia e ne esistono specie più o meno pregiate, tra
i quali spicca quello di Alba. I mesi migliori per l’acquisto
sono Ottobre, Novembre e Dicembre, mentre da evitare l’acquisto
durante il mese di Settembre quando il tubero non è ancora maturo.
Più il tartufo è grande e di forma regolare e più
è pregiato perché nel tagliarlo si hanno meno scarti.
Può pesare anche mezzo kg. A differenza del tartufo nero, il
tartufo bianco va servito crudo. Il tartufo è solitamente ricercato
affidandosi all'olfatto del cane che sente il profumo dei preziosi tuberi
e ne segnala la presenza. Tuttavia ci sono dei curiosi metodi alternativi.
Un animale che è naturalmente attratto dai tartufi (mentre il
cane deve essere educato allo scopo) è la scrofa, poiché
l'odore del tartufo è analogo a quello del maiale maschio. Per
la ricerca si preferiscono scrofe non troppo giovani in quanto più
calme ed esperte: tuttavia occorre agire con prudenza e attenzione,
poiché il maiale mangia avidamente il tartufo e se si tentasse
di toglierglielo dalla bocca, potrebbe mordere il cercatore con conseguenze
anche gravi. Pertanto a tali animali si applica una specie di robusta
museruola, così da impedire loro l'ingestione del tubero. Altre
indicazioni negative per tale tipo di ricerca sono dovute al fatto che
il maiale si stanca presto. Inoltre è molto pesante e ingombrante
se lo si deve trasportare sui luoghi di cerca, e si muove male se il
terreno è accidentato o scosceso. Altro metodo è quello
di seguire il volo delle mosche da tartufo, le cui larve si cibano dei
preziosi tuberi. Si può inoltre, da parte di cercatori dalla
vista molto acuta e capaci di osservazioni anche minime, cogliere vari
indizi che denotano la presenza di qualcosa di anormale nel terreno:
piccole screpolature del suolo. Se il tartufo è cresciuto abbastanza
in superficie, orme o deiezioni di piccoli roditori ghiotti di tartufi
(topi, arvicole, ecc.), via vai di formiche o di altri insetti, buchi
da essi praticati per arrivare a impadronirsi della preda, erba avvizzita
perché il tartufo ingrossandosi ne ha disturbato le radici. Un
metodo del tutto particolare è usato per la ricerca delle Terfezie
e se ne può vedere l'applicazione in Sardegna, nell'Oristanese.
Infine alcuni cercatori trovano tartufi zappando sistematicamente il
terreno ove si sa che tali tuberi crescono normalmente: se si tratta
di tartufo nero buono (T. melanosporum) o di scorzone (T. aestivum)
la presenza del micelio è evidenziata dal bruciato, ossia dalla
quasi totale mancanza di vegetazione che tali tartufi hanno la capacità
di inibire. Nelle zone terrazzate della Liguria di Ponente, i tartufi
neri crescono immediatamente a ridosso dei muretti a secco che costituiscono
le fasce e qui si possono trovare demolendo in parte il muricciolo.
Purtroppo questi ultimi metodi forniscono un prodotto immaturo e quindi
con caratteristiche organolettiche assai mediocri, accettabili soltanto
se mescolati fraudolentemente ad esemplari maturi, mentre danneggiano
l'ambiente. Anche la conservazione di un prodotto come il tartufo non
poteva essere banale; anzi questo aspetto della sua "vita"
annovera piccoli segreti. Per permettere al prezioso tubero di mantenere
il più possibile intatto il suo profumo occorre evitare il contatto
del tartufo con l'acqua che favorirebbe enormemente la macerazione dei
tessuti e quindi il rapido deperimento del frutto. Inoltre una eccessiva
evaporazione, peggiora le qualità organolettiche, poichè
il tartufo rinsecchisce, diventa coriaceo e perde fragranza provocando
un calo di peso assai dannoso dato il valore venale del prodotto. Di
qui la doppia necessità di avere da un lato qualcosa capace di
assorbire l'acqua, che si forma per la condensazione e nello stesso
tempo di limitare il più possibile tale evaporazione. La carta
o il panno avvolto intorno al tartufo svolgono perfettamente tale operazione.
Altri segreti per conservare il tartufo sono quelli a carattere familiare,
differenti a seconda della specie di tartufo. Il tartufo può
essere immerso nel riso, nella sabbia o anche nell'argilla, ovviamente
dopo averlo ripulito della terra che lo circonda al momento della raccolta,
ma sono metodi generalmente poco utilizzati, specie quello del riso,
che a lungo andare disidrata i tessuti del tartufo.
Utilizzo in cucina: Per risotti, come accompagnamento
o come tocco in più per piatti di carne.
Topinambur - Descrizione: Rizoma carnoso della pianta
omonima, originaria del Brasile, naturalizzata in tutta Europa, cresce
spontanea lungo i corsi d’acqua. Ortaggio di scarsa coltivazione,
ha un delicato e gustoso sapore intermedio tra il carciofo e la patata.
Utilizzo in cucina: Si consuma crudo, cotto a vapore,
stufato oppure al forno.
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